Contrastare la monocultura digitale | tecno-femminismo
I primi tempi di Internet sono stati caratterizzati da ambizioni idealistiche: sarebbe stato uno spazio di straordinaria libertà al di là dei vincoli del denaro o della politica. Ma 25 anni dopo, la situazione è molto diversa.
Rispetto a qualsiasi Paese, le piattaforme di social media come YouTube, Instagram, Twitter e Facebook esercitano un controllo sempre maggiore sul modo in cui accediamo alle informazioni e condividiamo la conoscenza. Regolano e sorvegliano il discorso di milioni di persone e permettono la proliferazione di livelli senza precedenti di disinformazione, incitamento all'odio e violenza. Queste piattaforme favoriscono una polarizzazione sempre maggiore, dagli abusi sessuali online alle campagne di disinformazione che prendono di mira le comunità emarginate e coloro che ne difendono i diritti.
Quindi, come possiamo contrastare la monocultura digitale nell'era degli algoritmi basati sull'economia dell'attenzione? Dal dossier creativo "Contrastare la monocultura digitale" esploriamo il primo progetto di una sfera digitale alternativa: la narrazione tecno-speculativa femminista di Spideralex.
Cooperativa Kéfir |
Rompere il ciclo della disperazione - Spideralex
Spideralex ha conseguito un master in sociologia urbana e un dottorato in economia sociale. Ha fondato il collettivo Donestech che esplora il rapporto tra genere e tecnologie sviluppando ricerche attiviste, documentari e formazione. È anche curatrice di due volumi sul panorama delle iniziative di sovranità tecnologica. Si diletta a fare laboratori di narrativa speculativa, corsi di formazione sull'autodifesa femminista negli spazi digitali e workshop di sicurezza olistica. Fa parte di AnarchaServer, un collettivo femminista che insegna come fare sysadmin e creare servizi online per altri collettivi femministi. Ha inoltre studiato come i movimenti sociali urbani lottano contro la gentrificazione, e in particolare, come usano e costruiscono le tecnologie dell'informazione e della comunicazione (ICT) per combattere e organizzare la resistenza.
Attualmente svolge ricerche sul contributo apportato dalle donne, e dalle identità non binarie, allo sviluppo delle tecnologie e della cultura hacker. Spideralex crea metodologie per aiutare le persone a recuperare il potere delle narrazioni non distopiche, affrontare problemi come il "de-googling" e la violenza di genere negli spazi digitali:
Se si vuole rompere la monocultura digitale, bisogna rompere la big tech. E come ha spiegato Cory Doctorow, rompere i grandi monopoli è un processo lento, legale e noioso.
Questa immagine ritrae le donne dell'Osservatorio di Harvard, sotto la direzione di Edward Charles Pickering (1877-1919), che aveva un certo numero di donne che lavoravano come operai specializzati per elaborare i dati astronomici. Harvard è stata la prima istituzione ad assumere donne per questo tipo di lavoro. Tra queste donne ricordiamo Williamina Fleming, Annie Jump Cannon, Henrietta Swan Leavitt e Antonia Maury. Sebbene queste donne abbiano iniziato a lavorare principalmente come calcolatrici, spesso hanno contribuito al campo astronomico, pubblicando anche a proprio nome. Questo staff è noto col nome di "Harvard Computers" o, più derisoriamente, come "Pickering's Harem". Nella storia e nella sociologia della scienza questo fenomeno è stato identificato come "effetto harem".
La narrazione tecno-speculativa femminista
Oggi la tecnologia permette ai movimenti femministi di informare, comunicare, creare relazioni, documentare e creare memoria, ma non si può fare affidamento alle attuali piattaforme di social media commerciali perché, come spiega Spideralex, « sono spesso create o progettate da misogini ».
Sra Milton |
Affinché le storie condivise agiscano come potenziali agenti di trasformazione è necessario sviluppare una narrazione tecno-speculativa femminista: « un gesto di finzione e design verso un insieme di geografie dell'immaginario e della loro materialità profondamente ispirate alla giustizia sociale e alla trasformazione politica. Walidah Imarisha illustra questo punto quando suggerisce che "ogni volta che cerchiamo di immaginare un mondo senza guerra, senza violenza, senza prigioni, senza capitalismo, ci stiamo impegnando in una fiction speculativa". Fare speculazione è politico perché implica uno dei molteplici modi di re-immaginare gli intrecci tecnologici e infrastrutturali che danno forma al nostro mondo. Serve anche a smascherare le tecnologie e le infrastrutture che hanno favorito i processi (neo)coloniali, come il furto e la cancellazione delle conoscenze, delle tecniche scientifiche indigene e della frantumazione delle lotte di liberazione. Facendo luce su queste contraddizioni, il fare speculazione tenta anche di de-privilegiare e de-glorificare la scienza e la tecnologia. Il de-privilegio dell'assemblaggio di esseri umani e tecnologia (non umani) fa eco all'atto di rendere visibili e valorizzare altri tipi di assemblaggio con il non umano, come la terra, gli animali e le piante. Fare speculazione è infrastrutturale perché permette la circolazione di idee, fabulazioni e sogni tra le presone. »
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