XAVON, il ragazzo non vaccinato
In esclusiva per i lettori della webzine di artivism, pubblichiamo un'intervista ribelle con Alan Paccagnella, libero cittadino, ricercatore indipendente e autore del romanzo "XAVON, il ragazzo non vaccinato".
Tratta da una conversazione scatenata da Chry, direttore creativo di artivism, l'intervista che segue si propone di esplorare i retroscena del libro e le riflessioni dell'autore. Con una buona dose di cinismo, provocazione e speranza per il futuro, questo scambio promette di gettare una luce unica sulle anime fragili e indifese come XAVON, il ragazzo non vaccinato.
Segnati questa data: la pubblicazione di "XAVON, il ragazzo non vaccinato" è fissata per il 20 novembre 2023.
XAVON, il ragazzo non vaccinato di Alan Paccagnella © Fantagor Illustrations |
Dalla quarta di copertina
La storia narra le curiose riflessioni di un giovane padre messo alle strette da un imprevedibile risveglio di coscienza. Il disastro prende forma a partire da una tormentata vacanza estiva, un evento che sarà però solamente la triste anticamera dei suoi guai. Nel corso di questo inusuale racconto verranno trattati molteplici argomenti: dalle folli conseguenze per via di attimi terribili a un percorso riabilitativo adornato di fede, ma passando anche da critiche disamine su giornalismo, politica, scienza, alimentazione e tecnologia. Tutto per ritrovarsi poi catapultati in una tanto profetizzata apocalisse, un incidente epocale e senza precedenti ma che aprirà a sorpresa un futuro davvero originale.
INTERVISTA RIBELLE
Ciao Alan, chi è XAVON, il ragazzo non vaccinato?
L'idea è quella di diffondere l'immagine di questa figura nei suoi lati un po' "oscuri" e che può aver rintracciato anche a causa dei problemi incontrati in pandemia. XAVON è un ragazzo normalissimo che, purtroppo, si è scontrato contro una parte di sé che non conosceva e che, da un certo punto di vista, l’ha completamente tramortito. Nel senso che XAVON è quello che si fida ciecamente di ciò che gli viene raccontato in televisione, appassionato del TG5, ma non perché sia cresciuto con questa passione, bensì perché si è trovato accanto a due genitori che seguivano costantemente quel tipo di informazione e che, ad un certo punto, si ritrova dentro di sé a far scoccare una scintilla che lo porta un po' altrove, a vivere la realtà in un modo differente.
Inizialmente, questo è il personaggio di XAVON. Poi ci sono dei cambiamenti che durante la storia si possono avvertire, come un avvicinamento alla fede e tante cose che aveva messo da parte e che riprenderà per dare uno stravolgimento alla propria esistenza, inconsciamente e involontariamente.
Il tuo nobile intento sembra quello di dirottare i lettori nelle vite delle anime fragili e indifese, ma al contempo emerge una critica pungente e legittima nei confronti delle figure autoritarie che negli ultimi anni hanno preso il controllo politico-mediatico-sanitario. Parlaci di questa tua ribellione creativa. A quale scopo hai scelto di affrontare la questione del vaccino in un romanzo?
L’ispirazione mi è venuta, ancora una volta, dalle figure a me più vicino che sono i miei genitori. Quando mi sono sostanzialmente trovato contro tali figure, mi sono sentito dire spesso da loro una frase che mi distruggeva, ovvero: « ormai le cose vanno così, tu da solo non puoi cambiare il mondo ». Questa era la frase che i miei genitori mi hanno sempre detto dopo che io ho iniziato ad avere una sorta di repulsione nei confronti di questa campagna vaccinale. E probabilmente, essendo figlio unico, me la sono presa ancora più a cuore. Da questa frase mi è venuta la voglia reale di provare a fare qualcosa, pensando un giorno di andarmene o di morire senza aver quantomeno provato a diffondere un messaggio. Se oggi dovessi riprendere in mano una penna, non sarei più capace di riscrivere quei capitoli, proprio perché è stata un’ispirazione. Avevo dentro tanto da buttar fuori.
Io credo che la cosa più stupida e più assurda del mondo sia quella di notare un problema e dire « vabbè non ci possiamo fare niente ». La voglia di andare contro le istituzioni nasce dal fatto che i miei occhi, come quelli di tanti altri, penso si siano accorti di quanto siano mal gestite queste istituzioni e quindi penso che sia arrivato il momento di alzare la voce e di far capire che certe istituzioni debbano essere quantomeno prese in carico, oltre che in maniera onesta - cosa che non succede più da anni -, ma soprattutto da persone competenti.
Del resto questo libro non è unicamente incentrato sul quesito dei vaccini; sembra estendersi a questioni più ampie come la maledizione del consumismo, la povertà dilagante, la guerra e, in generale, il controllo sociale di massa. Quale messaggio vuoi trasmettere ai lettori?
L'inno è legato alla libertà. Nel senso che, ad un certo punto del racconto, si capirà proprio che l'intenzione del testo è quella di incentivare la voglia di libertà da parte delle persone. La volontà è quella di trasmettere un messaggio positivo ed invogliare, una volta per tutte, tutti quanti, alla ricerca della libertà. Quindi il messaggio non è legato solo al vaccino, ma anche ad esperienze personali che ho avuto, situazioni in cui ti dicono cosa dire perché sennò non puoi fare qualcosa; ma perché una persona, in qualsiasi ambito, deve sottostare a qualcosa per arrivare? Perché non ci si può arrivare onestamente con la sincerità?
…E magari con la sincerità di un bambino. A tal proposito, il romanzo esplora anche l'oscura vita digitale dei giovani e dei bambini. Quali sono le tue preoccupazioni riguardo questo aspetto della società contemporanea? E noi giovani adulti cosa possiamo fare ora?
Sinceramente, secondo me, uno tra i pilastri per ripartire potrebbe essere quello di mettere da parte, finalmente, una volta per tutte, le maschere. Nel senso che in questo romanzo vado un pò a kamikaze, vado a raccontare realmente quello che mi è successo, dove mi ha portato la paura. Sono sempre stato uno che, fino a poco tempo fa, ha sempre dato troppa importanza all’apparenza. Poi di colpo, mi sono trovato in una situazione in cui ho capito che è più importante dimostrare di essere anziché di apparire soltanto.
Quello che si troverà sul libro è frutto di qualcosa di realmente accaduto. Anche se dovessi sembrare una persona "recuperata", quello che mi è capitato è tutto vero. Credo che la paura sia la peggiore nemica dell'uomo e io mi sono fatto prendere dalla paura. Potrebbe sembrarti paradossale, ma credo - nel male - di non essere stato mai così bene nella mia vita, mai così connesso con la mia anima come in quel periodo in cui mi sono sentito discriminato.
L’ideale sarebbe quantomeno cercare di mettere da parte ogni tipo di maschera. Sarebbe bello che tutti quanti iniziassero a raccontare quello che realmente hanno provato, provano, senza paura di essere giudicati e senza mostrarsi per quello che poi realmente non sono.
Per quanto riguarda la tecnologia credo che sarebbe falso e assurdo non ammettere quanto ormai sia entrata nelle vite di tutti quanti. Il danno è stato fatto, ora bisognerebbe trovare una soluzione per riparare. E già il fatto di riconoscerlo, acquisire consapevolezza e dire « alt, dobbiamo fare qualcosa » credo potrebbe essere la prima via di accesso per trovare qualcosa di nuovo. Ad oggi non vedo questo e la cosa mi spaventa ancora di più. Non so se tu sei d’accordo o meno…
Siamo d’accordo. Vivere in una società dei consumi, che anestetizza con estrema facilità la consapevolezza delle persone fa rabbrividire. Una delle armi di distrazione di massa è la lingua e ho notato che nel tuo racconto eviti intenzionalmente l'uso di inglesismi, ma aggiungerei anche di asterismi, schwa e altri linguaggi di orwelliana memoria: stai cercando di sfidare gli americani o vuoi fare incazzare le transfemministe?
La prima, sicuramente! Credo che finché non acquisiremo una volta per tutte l’idea di dissociarci dall’America e dalla lingua inglese, difficilmente troveremo una buona possibilità di soluzioni. Verso la fine del libro, il mio punto di vista verrà svelato anche su questo. L’idea sarebbe proprio quella di creare un mondo in cui la lingua, utilizzata per comunicare tra nazioni che non si conoscono, non debba avvantaggiare nessuno. Obiettivamente, ad oggi, se prendi un americano, avrà sempre il vantaggio di possedere la lingua madre e trovare lavoro fuori dal proprio territorio; diversamente, un italiano deve impararsi l’inglese. Se non sbaglio, ci avevano provato con l’Esperanto e la cosa poi non ha funzionato.
L’idea di non andare a inserire termini inglesi è soprattutto legata al fatto che, oltre alla mia poca simpatia nei confronti dell’America, penso che l’italiano sia una delle lingue più belle, tra le più complicate. Tant'è che la maggior parte degli italiani probabilmente non la sa neanche parlare a dovere. Questo ti fa capire che, tutto sommato, è una lingua di livello. Perché continuare a fossilizzarci su una lingua straniera? Sarebbe bello che l’italiano potesse riacquisire un valore che ha perso.
Riguardo all'esperienza di pubblicazione, già di per sé controversa e insostenibile nel Belpaese, come hai trovato e come hai convinto il tuo editore a pubblicare un romanzo che affronta una tematica così scomoda?
Qua mi attacco alle sincronicità. Nel senso che tante notizie che io ho inserito nel romanzo le ho trovate quasi per caso e quasi per caso ho trovato questa casa editrice: Rossini editore del Gruppo Editoriale Santelli. Qualcosa mi ha spinto ad andare là, dopo byoblu che non mi ha fatto sapere nulla.
Il titolo può portare curiosità nei lettori e dall’altra parte, secondo me, qualche altro editore intelligente se pensa anche al tornaconto personale avrebbe potuto dirmi di sì. Penso di essere stato fortunato ad aver trovato la persona giusta che mi ha dato questa possibilità. In questo libro non faccio cognomi, sono tutti nomi comuni e parole al contrario, ma questo è un’altro discorso e non è solo legato alla voglia di tutelarsi, ma anche quella di coinvolgere un pò di più chi sta leggendo.
E per quanto riguarda la copertina e le immagini all'interno dei capitoli del tuo romanzo, parliamo della collaborazione con Fantagor Illustrations. Com’è nata e perché hai deciso di inserire delle illustrazioni grafiche all’interno del tuo romanzo?
È nata da un conoscente che si è sempre occupato di altri tipi di illustrazioni, come quadri o altro, quindi qualcosa mi ha portato a dargli una possibilità, nonostante io non sapessi neanche come potesse affrontare eventuali vignette. Sono stato poi piacevolmente colpito e probabilmente anche lui. Quel qualcosa che mi ha portato anche ad affidarmi a lui è stato il fatto che lui stesso anni prima ha vissuto una grossa depressione, che è un po' quello che ho vissuto anch'io, e quindi mi sono chiesto: chi meglio di lui potrebbe rappresentare certe vignette oscure?
L'idea di inserire delle illustrazioni sta nel fatto che secondo me quando un libro è illustrato porta un coinvolgimento differente. È un po' tutto legato a tutto quello che ti ho detto prima, quindi, l'idea di mettere i nomi al contrario, l'idea di portare delle illustrazioni, la voglia di coinvolgere dall'altra parte chi legge. Per assurdo ti posso fare un esempio: una persona può leggere il libro una o due volte, può vedere quell'immagine all'inizio del capitolo e ritornarci alla fine. Insomma, è il piacere di coinvolgere.
Per la postfazione hai coinvolto Sara Cunial, una grande voce di ribellione, resistenza e rinascita degli ultimi anni, nonché creatrice di una comunità sociale e politica di straordinaria bellezza. Vuoi aggiungere qualcosa?
All’interno del romanzo c’è un capitolo dove inserisco in parte anche VITA, o almeno lo faccio capire. La voglia di inserire questo movimento c’era e anche in maniera più preponderante. Da parte mia c’era tutto l’interesse di inserire anche il simbolo e lo statuto del partito. Tuttavia, il nostro è un mondo di persone particolarmente intelligenti, ma spesso e volentieri anche fin troppo complottiste, quindi poi alla fine abbiamo preferito evitare.
VITA è un partito che ha bisogno di tutti e ha bisogno di crescere anche con se stesso, è fatto di persone che sono fortunatamente rimaste fuori dalla politica del passato, quindi non è così facile entrare e coinvolgere in maniera semplice. Quello che ha raggiunto VITA credo sia stato un risultato fantastico, neanche in due mesi di partito siamo arrivati a duecentomila voti, quasi cinque stadi di San Siro completamente pieni e non è poco.
Io avevo già un’idea dentro di me e poi è successo esattamente quello che pensavo: è arrivata la piacevole notizia della sconfitta! In caso di vittoria, ci saremmo trovati di fronte all'arrivista di turno che ce l'ha fatta, al furbacchione che si è lanciato perché ha visto l'opportunità di fare qualcosa di diverso, trasformandoci in un partito come tanti altri. C’è stata una fretta obbligata. La gente ha voltato le spalle a Sara, ma attenzione, lei avrà fatto pure i suoi errori e non sono qui a descriverla come una santa, per me è un’amica e penso sia veramente una delle migliori. Probabilmente Sara si è spesso e volentieri fidata della gente e lo ha fatto a cuor leggero.
Direi che una buona parte dei candidati si sia rivelata un fuoco di paglia. Invece, quelli che sono rimasti penso che di base abbiano poca voglia di arrivare in fretta e tanta voglia di far qualcosa di importante. Già ad oggi, se dovessimo presentarci, potremmo mandare delle persone più vogliose di dare l’anima per il partito.
BLITZ ARTISTICO!
Ultimo libro che hai letto?
L’ultimo è il Nuovo Testamento, quindi il bene. Quello che sto leggendo in questi giorni è il Mein Kampf di Adolf Hitler, quindi il male.
Scrittore preferito?
Adolf Hitler! No, scherzo. James Redfield, l’autore della Profezia di Celestino.
« Pace o condizionatore? »
Pace.
« Non ti vaccini, ti ammali, muori »
Cosa ti dovrei rispondere? Follia!
Continua la frase « il virus è… »
Il virus è un motivo per vaccinarsi! (…per sperare di riprendersi e avviare una sana e pacifica ribellione).
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